29 marzo 2021

PAGINA INIZIALE

Conscio di Casale sul Sile (TV), 1988, durante una gara dell'antico gioco della borella,
praticato in Veneto nelle province di Treviso, Padova e Venezia. (Foto di Camillo Pavan)

Ebook


Antico gioco veneto della borella, gli intervistati:

- Giuliano Mazzariol, Musestre.

Trevisiol Giacomo, 1951, nato a Tolosa e abitante a Cavrie di San Biagio di Callalta, giardiniere.

- Piovesan Guido, 1934, San Floriano di San Biagio di Callalta, pittore edile.

- Bassi Renzo, 1944, nato a Lughignano e cresciuto a San Floriano di S. Biagio di Callalta,

         direttore e ispettore Consorzi Agrari.


- Susigan Lorenzo, 1944, San Foriano di S. Biagio di Callalta, dirigente

carrozzerie industriali.


- Busatto Antonio, 1935, San Giuseppe di Treviso, imprenditore (impiantista elettrico).


- Martin Gian Paolo, Santa Maria del Rovere, pensionato ospedale di Treviso.


- Schiavon Giovanni, 1947, Catena di Villorba, gestore osteria “Da Coppi”.


- Vezzà Mario, 1951, Casier, insegnante di lettere all'Istituto Tecnico Riccati di Treviso.


- Cervi (detto Pontel) Giancarlo, 1929-2019, San Pelagio, gestore bar tabaccheria.


13 settembre 2013: rievocazione gioco borella - VIDEO

Agriturismo al Sile di Lino Rossi, Santa Cristina di Quinto TV

vari intervistati - TRASCRIZIONE INTERVISTE 

Lino Rossi, Arnaldo Mogno (Scorzè), Angelo Rossetto (Silea) … 



Giuliano Mazzariol, Musestre

 Intervista telefonica, domenica 28 marzo 2021, File 21032801

Il sig. Mazzariol mi è stato segnalato da Renzo Bassi, come persona appassionata del gioco della borella e che fino a una ventina d’anni fa, o forse qualcosa di più, frequentava ‘na borea privata, in mezzo ai campi poco lontano da Quarto d’Altino, sotto un barco di proprietà di Giorgio Zanotto. 

Mazzariol conosce inoltre un gruppo di sette-otto amici che tuttora si ritrovano privatamente a giocare a borella nei campi di uno di loro, a Conscio di Casale sul Sile. 

Causa le restrizioni di movimento dovute alle misure di contrasto al Covid non sono riuscito finora a incontrare di persona né il sig. Mazzariol, né il sig. Zanotto, né i liberi giocatori di Conscío.

Mazzariol ha dimostrato anche di essere particolarmente ferrato nei legni utilizzati per la costruzione di bae e sóni, argomento che mi sta particolarmente a cuore.


«… I sóni : sicuramente quelli forti, che li battono da tutte le parti e non si spaccano, sono fatti con legno de partìa ; cioè con legno ottenuto da un tronco tagliato a metà,  escludendo il midollo centrale (“non lasciando la medoƚa al centro del tronco”). Quella metà la si può tornire, girare torno torno fino ad ottenere sóni resistenti perché, non  avendo più la medoƚa è sparito il punto di rottura.

- E con quello venivano fatti i sóni.

Se voleva che resistessero tanto li faceva così; se non erano fatti con legno de partía tendevano a spaccarsi.

- Sempre con legno di ópio. E anche le bae erano erano di ópio?

Sì, sempre di ópio [acero campestre] … dopo magari per i sóni, se si facevano con legno de partía, andava bene anche a gasía [l’acacia] … anche l’olmo è abbastanza adatto e resistente.

01:03 Però e bae, che sappia io, le migliori, le più resistenti erano quelle di ópio.

- Ottenute da tutto il tronco?

Sì vanno fatte sul tronco intero perché l’ópio ha già, nasce proprio lui, di per sé con tutti groppi, fa già un “senso di partía” , con tutti i groppi che ha.

- Ma chi le faceva e bae? Ci voleva un tornio...

Eh ben sì, per forza.

- Le sue, personalmente … suo amico Zanotto aveva un tornio?

Si parla di trent’anni fa; non so se me le abbia fatte lui o se le abbia fatte fare, perché una volta c’erano tanti tornitori, c’erano tanti appassionati di borella. 

Dopo c’erano le varie misure: partivano da 12, 14, 16, 20, 22 [centimetri di diametro]; dipendeva dalla mano, se riusciva a tenere una baƚa più grossa, non come le bocce che erano tutte uguali.

- Sì ...  ma non oltre ventidue centimetri!

02:03 Eh, c’erano di quelli che avevano bae che te gavéi paura; c’erano di quegli omenàti [omaccioni] che avevano una mano! A me dicevano che avevo la mano grande, ma quando giocavo con certi omenati ciapéa paura.

Ce n’erano sì di diametro maggiore di 22 cm, di sicuro. Se lei parla con Zanotto che le ha fatte, lo sa.

- Mi ha detto robe molto interessanti e soprattutto riguardo al legno di ópio, perché uno di San Biagio mi diceva… ópio sì, ma perché le bocce non si spaccassero bisognava che fosse sóca de ópio, allora era tutto ben intorcolato.

Mah, diceva sóca perché non aveva mai visto un’ópio grosso più di 30 cm di diametro, allora diceva sóca

Naturalmente l’ópio è lungo tre metri, due, quattro. Io avevo la fortuna che [i miei] erano lunghi tre metri, due metri e mezzo, tre … e dopo quando facevi la baƚa facevi i venti centimetri dove vedevi che lui là “si era arrabbiato” e aveva più groppi… perché magari c’era un tratto che aveva groppi lo stesso ma  […], lo prendevi dov’era "più brutto": più groppi c’erano e più “cattivo” era e meno si spaccava.

- Lei lo tagliava e lo metteva a seccare sotto una òbia? [1]

Lo si tagliava in bon de luna [luna calante] e dopo lo lasciavo seccare un anno-due e dopo ne tagliavi tre-quattro pezzi, li mettevi nel tornio e facevi le bocce…

- Quindi il principale legno della boccia di borella è l’opio.

03:36 Sul mio piccolo qua, che abito a Musestre si conosce l’ópio , perché mi dicono “portami l’ópio che è il migliore da fare”… dopo se magari a Merlengo o in altra parte usano le loro acacie particolari o altra roba questo non lo so.

- Anch’io ho sentito quasi sempre ópio, solo che questo signore mi diceva non solo di ópio ma di radice , di sóca di ópio

No, no. Può darsi che abbia trovato una radice, ma trovare una radice da 20 cm di ópio… secondo me è inferiore del fusto […] che sia dura, sicuramente, non si discute…

04:15 Però le bocce che io ho fatto con il fusto dell'ópio , hanno trent’anni, le ho adoperate anche abbastanza e devono ancora rompersi e dureranno altri trenta! Forse non le trovo neanche più, però, perché è da tanto che non le uso.

Forse avevo anche i birilli, se mi capita di guardare, una volta. Avevo recuperato della roba vecchia perché volevo fare anch’io una borella a casa mia … dopo sono passati gli anni, è passato il tempo e non si è più fatta.

- Per "birilli" intende i sóni …

I sóni.

- Allora, ricapitolando: le due "borelle private" che lei ha frequentato … una era in attività fino a poco fa ed era da Zanotto a Quarto d’Altino.

Zanotto è tanti anni che ha smesso … ce n’è ancora una a Conscio, ma sono in sette-otto solo che l’hanno tenuta in piedi, non che sia come da Zanotto dove c’erano anche trenta persone alla sera. [...]

- Ah, proprio si trovavano...

Era come un club là, giocavano e in palio c’era la bottiglia.

05:23 Aveva una specie di baretto: c’era chi andava là beveva le sue onbre, pagava, guardava e giocava [...]».

***

[1] Òbia (o lòbia), costruzione in legno o muratura, spesso con fienile soprastante, aperta anteriormente per deposito e ricovero attrezzi agricoli.

05 marzo 2021

Giacomo Trevisiol, 1951

Giacomo Trevisiol, testimone del gioco della borella
e cultore delle tradizioni popolari
Intervista telefonica, giovedì 7 gennaio 2021, File 21010701

Giacomo Trevisiol, nato nel dicembre 1951 da genitori emigrati a Tolosa nel secondo dopoguerra, abita a Cavrie di San Biagio di Callalta, TV.

Giardiniere in pensione, ha lavorato per anni (con una sua squadra di operai) alla manutenzione di strade e alberature della provincia di Treviso. Dal padre Benedetto (Népi), classe 1922, ha imparato l’arte del norcino, che tuttora esercita per gli amici, limitandosi però a ”far su el porsel”, mentre per l’uccisione del maiale ricorre a un pubblico macello. Appassionato di cultura popolare, conserva la memoria di un vasto repertorio di termini del dialetto trevigiano arcaico, modi di dire, filastrocche contadine e da osteria, canzoni ...


 

00:28 - Siccome sto mettendo in ordine un po’ tutto il materiale, mi è capitato di parlare con un’altra persona che diceva che e bae della borella non potevano essere fatte con le sóche, perché - secondo lui - se tagli un albero per far una baƚa con una sóca [ceppaia], resti senza alberi della siepe

Uno mi ha fatto questa obiezione: «Ma come, per far tutte quelle bocce là, quanti alberi bisognava tagliare?». Un altro mi ha detto «Sì, io le facevo di ópio, mi tagliavo un tronco, lo mettevo all’ombra ad asciugare e dopo andavo da uno col tornio che mi faceva le bocce quando il tronco si era ben asciugato, dopo un anno, un anno e mezzo» … e che una boccia gli costava anche 15.000 lire: costava parecchio fare e bae con questo procedimento.

Nessuno oltre a lei mi ha parlato di bae fatte con la sóca, anche se il papà di Andrea mio nipote, che è falegname, diceva che sì è vero, la sóca è più igaíssa perché è tutta intorcoƚàda, ma non era necessario usare solo la sóca, era sufficiente anche il punto in cui l’albero veniva capitozzato, che anche lì…

Insomma ho questo dubbio: «è convinto che e bae venivano fatte con la sóca?».

02:25  Adesso le spiego: «Le migliori bocce erano fatte con la sóca [...]. Poi è ovvio che le facevano anche con il legno del tronco. Quelle con la sóca erano solo le migliori».

- Il campione…

Il campione, quello che voleva una baƚa che non si spaccasse mai, quello che voleva la migliore baƚa, la faceva con la sóca. Io le ho detto che erano fatte con la sóca, perché parlavo delle migliori.

- Ah, questo è importante. Non è che tutte le bocce che ha l’osteria Alle Crosere, ad esempio, siano fatte con la sóca!

No, no: come le ha detto l’altro, altrimenti […]

Quando levavano le sóche, una volta, cercavano di salvarle per fare le bae […] perché erano le migliori, quelle che non si rompevano mai perché erano le più igaísse, tutte intorcoƚae.

03:47 Anche con la testa del tronco le facevano, però la migliore era sempre quelle con la sóca, perché  la sóca ha il legno più igaísso [termine che si può tradurre, all’incirca, con: fibroso, stopposo]. Invece la testa è sì tutta quanta ingropoƚàda [ricca di groppi, di nodi] però può “saltar via” [spezzarsi, sbrecciarsi] perché è dura […] .

La miglior baƚa era sempre quella di sóca : quando batteva per terra, rimbalzava meglio, era più morbida … questo volevo specificare; dopo è ovvio che le bocce le facevano anche col tronco.

05:02 - Questa è una precisazione importante […] .  

Quando dovevano farne tante, le facevano con tutto quanto…

- Quelle che erano in dotazione dell’osteria.

Eh, nelle osterie! [...] Quelle comprate dall’osteria …  veniva quel che veniva: è per quello che poi tante si rompevano a metà, si crepavano, si spaccavano.

[...] Il gran giocatore cercava di farsi una baƚa che rispondesse al meglio … e la migliore era quella di sóca.

- La maggior parte delle persone hanno detto che le bae erano di ópio [acero campestre].

Ópio o noghèra [noce].

- Lei dice che erano anche di noce o di stropèr

Anche di stropèr [salice da stròpe = vimini] le facevano: quelle più leggere erano di stropèr, perché l’ópio sarebbe pesantino.

- Ma anche il noce non è che scherzi come pesantezza.

Ma è meno pesante dell’ópio, dicono… Però non è che io sia falegname e che conosca tutti i legni. So che una volta adoperavano quei legni là, anche perché adoperavano i legni dei nostri campi… Dopo, diciamo, se erano su in montagna può darsi che le facessero anche di quercia, di altri legni.

- No, in montagna non lo giocavano mica questo gioco. Era giocato fino ad Oderzo, arrivava fino a Portegrandi, Cavallino e dopo giù a Peseggia, Piombino Dese: era giocato nelle tre province di Treviso, Padova e Venezia. [...] 

08:07 C’erano di quelli che le facevano anche di platano, e anche di altri legni.

- Sì, anche Lino Rossi dell’Agriturismo Al Sile di Santa Cristina diceva: “Eh, le facevamo anche di platano…”.

Le facevano con un po’ di tutto, con quello che capitava, [...] e le mettevano via all’ombra … , le facevano anche a bollire dentro la calièra e poi le mettevano in caneva sulla terra sotto le botti: quello era il posto migliore per stagionarle.

09:58 - Lei ricorda questo fatto, lo ha visto o ne ha sentito dire?

Ho proprio visto che le mettevano così. [...]

- Ci voleva il tornio per fare bae e sóni oppure le lavoravano a mano i contadini a fiò, alla sera?  

C’erano i falegnami che avevano i torni da legno.

10:45 - Uno di questi falegnami che facevano bae de borèa o sóni … non è che le venga in mente qualcuno?

Eh, devo provar a vedere un amico, se si ricorda e penso che si ricordi. Facevano botti, loro… proprio là, vicino all’osteria Alle Crosere, abitava là uno che le faceva. Lo chiamavano Piero Susin, faceva botti, faceva tini, faceva di tutto…

- Non è che possa mettersi in contatto e farsi dare il numero di Piero Susin?

Piero Susin è morto, c’è suo figlio.

- Di cognome cos’era, di preciso?

De Biasi, Pietro De Biasi, e suo figlio ha nome Giorgio De Biasi. 

- Se per caso potesse mettersi in contatto ...

12:18 [La conversazione continua su altri argomenti, in particolare sulla sua attività di norcino che lo vede impegnato proprio mentre gli sto telefonando… e si conclude con un accenno al suo repertorio di termini e filastrocche nel vecchio dialetto di Treviso ...].

22:18 «Dobbiamo fare una bella ciacoƚàda, anche perché ho altre robe da dirle… ho delle cose che prima che mi scappino tutte... parole in dialetto trevisan, o delle frasi, ne ho non so quante!».

A titolo di esempio Trevisiol mi accenna a dei brani di carattere etnografico, che ho caricato a parte su YouTube:

Brano 1

Brano 2

  

Precedente intervista, 15 giugno 2016, I legni per bae e sóni… 


PAGINA INIZIALE

Conscio di Casale sul Sile (TV), 1988, durante una gara dell'antico gioco della borella, praticato in Veneto nelle province di Treviso, ...