04 gennaio 2021

Giancarlo Cervi, San Pelagio - Treviso, 1929-2019

Il testimone Giancarlo Cervi 
nel suo bar-tabacchi di San Pelagio (San Paè) - TV
Nastro 2008/2 - lato A — Mercoledì 26 marzo 2008

Intervista a Giancarlo Cervi "Pontel", nato nel 1929 a San Pelagio (San Paè) di Treviso - casoín per molti anni, poi gestore di bar tabaccheria - morto il 14 agosto 2019, a San Pelagio.

L'intervista è registrata nel bar tabaccheria gestito dalla fam. Cervi. Il sig. Giancarlo è al banco di distribuzione tabacchi. Numerose sono le interruzioni da parte dei clienti e Cervi lamenta questa mancanza di tranquillità che gli impedisce di spiegare bene "i segreti" della borella.

Lingua parlata: dialetto veneto di Treviso. Trascrizione in italiano.

Sigle: GP. (Giancarlo Pontel) – MV. (Mario Vezzà - informatore) –Pavan (Camillo Pavan, intervistatore)
Vezzà e Cervi attualmente sono entrambi giocatori di bocce con base alla bocciofila di Monigo. 

GP. Lei era appassionato di borella?
Pavan Io ho fatto dei libri di storia locale sul Sile, su Treviso, e siccome questo sport, questo gioco è sparito completamente...
GP. [...] non c'è qualche borella, ancora?
Pavan Dove?
GP. C'è per esempio "da Coppi" .
Ci sono delle borelle, ancora. Se lei va dalle parti di Scorzè, giù di là ci sono borelle coperte, proprio. Sì ci sono ancora. Io andavo a giocare da quelle parti là, andavo sul Piave. Una volta andavo dappertutto 
Pavan Adesso, da Coppi, dove sarebbe?
GP. Da Coppi è quello che è a Catena [di Villorba]. Bar Coppi. Lui ha la borella, là. Ha tante di quelle fotografie, là! 
Perché … eravamo io e mio fratello che andavamo a giocare a borella. Ci chiamavano col soprannome, ci chiamavano Pontel. E nella borella questo nome è stato noto, nella zona qua della borella. Perché eravamo due fratelli e tutti e due andavamo bene. Ora mio fratello è morto, Ciliano si chiamava. È morto 12 anni fa. Ma abbiamo vinto tanto, giocavamo anche a soldi noi. 
Pavan C'erano tornei ufficiali?
GP. Non erano ufficiali. Erano gare inventate all'ultimo momento, così. Tanto è vero che io, una volta volevo fare [una] società di borella. Volevo farla a Villorba, fondare una società di borella. Società con altre società per fare delle gare, fare come le bocciofile. Volevo farla, volevo inventarla.
Pavan Pontel, e di nome?
GP. Giancarlo...
Pavan 26 marzo 2008, qua è località San Paè. [San Pelagio]
02.18 
GP. Una sedia sopra il tavolino, una volta. Sopra il tavolino giocavo. “A passo fermo” [1].
MV. ... bisognerebbe prendere un po' di rincorsa, per riuscirci;  buttarla invece a passo fermo e senza prendere la rincorsa ci vuole un braccio, una potenza...
Pavan E si che non sembrerebbe [Pontel] tanto [forte]... Voglio dire, era uno sport che bisogna essere robusti...
GP. Bisogna essere robusti ... e riuscivo a lanciare la boccia stando fermo. Senza muovermi, perché non potevo cascar giù dal tavolino... da sopra la sedia.
Pavan Ma lo faceva così per bellezza o…
GP. Perché ero bravo anche a giocare da fermo. Anche quando gioco a bocce non faccio tanti passi... faccio due passi.
Giocavamo anche abbastanza soldi in quell'epoca là ... perché adesso sul libro non bisogna scrivere ... diventa un gioco d'azzardo!
MV. Io sapevo che c'era ancora una borella dove c'erano anche due giochi di bocce a Villanova d'Istrana. Coperta.
GP. Sì, coperta.
MV. Invece hanno detto che non c'è più neanche là... hanno chiuso anche quella.
Pavan Invece Coppi esiste ancora..
GP. Esiste ancora... tanto è vero che avevano fatto una società, là. E dopo un'altra l'hanno fatta a Volpago, un'altra società. Erano iscritti proprio. C'era anche mio fratello iscritto là, perché io ho iniziato a mollare la borella quando ho iniziato a giocare a bocce, ancora. Perché da piccolo giocavo a bocce, io. Dopo sono stato via fuori per il mondo, sono tornato, ho messo un'attività per conto mio e ho dovuto abbandonare un pochettino questa borella... Mi piaceva anche la borella sono andato fare delle gare. Perché giocavamo benissimo. Lei, se si ricorda il nome Pontel... basta ... capiscono subito. Il nome lo conoscono ... e tanti mi conoscono ancora come Pontel. Noi andavamo dappertutto. Ma se lei dovesse scrivere un libro - si potrebbe scriverlo sì, sulla borella - potrei spiegarle tante robe, se vuole, ma solo che bisognerebbe che ci trovassimo...
Pavan Lei di che classe è?
GP. Io sono del '29, ho settantanove anni ... sono abbastanza spinto, anche se gioco alle bocce... ormai gioco male alle bocce...
MV. Sono due anni fa ... l'ultima gara che hai vinto.
GP. Sì, ma ormai ho ottant'anni l'anno prossimo, non posso più ...
MV. E con Fiorentini … ha anche lui i suoi anni...
GP. Quattro anni meno di me ...
Pavan Allora è vero che lo sport tiene in salute…
GP. Anche le bocce. Perché le bocce non basta solo saper buttarla… bisogna ragionarla. Ragionarlo, tecnico, e poi ci vogliono le gambe sempre buone. Bisogna che siano forti … Mario lo sa, ha studiato lui… Una persona bisogna che sia completa, per diventare campione. E bisogna ragionarlo il gioco. Mai buttarle là ... ragionare il gioco.
06:45 
Pavan Restando alla borella, diceva che però – a differenza delle bocce – non c'erano tornei ufficiali.
GP. No. Non si chiamava torneo ufficiale. Si chiamavano gare di borella combinate così, una domenica ... di andar fare una gara di borella. Ci siamo trovati una volta a Monastier, ad esempio... Goliardo si ricorda di me ... che eravamo in 215 che giocavano … “individualisti”, a borella solo.
MV. E dov'era?
GP. Da Bosa, dove c'è Bosa a Monastier. [prima di San Pietro Novello, provenendo dalla Callalta]
Pavan E lei era con il sig. Goliardo?
GP. Goliardo è [un nostro compagno di gioco a bocce] Lorenzon… che è industriale, ex industriale.
MV. Presidente della [società] Cortesissima.
GP. Questo tale mi ha conosciuto quella volta. Eravamo in 215 e io e mio fratello abbiamo fatto il 4. e 5. premio. Tutti due, perché abbiamo "sbusà a baƚa" [2] ... è passata in mezzo ai sóni. Avevamo fatto sette soni e con l'ultima abbiamo sbusà tutti e due. Io e anche la sua. Siamo arrivati quarti e anche quinti. Io e lui...
Pavan Cosa vuol dire “sbusar i sóni”?
GP. Eccoli qua. Questi qua sono i tre, è un tris de sóni… uno due e un tre. Se buttate giù uno hai buttato un són. Se buttate giù due hai fatto un gambarèl. Se butta giù tutti e tre ha fatto sanmartin.
Pavan E i punti quanti erano?
GP. I punti erano uno se ne andava per terra uno [són], due se erano due e tre se erano tre.
Pavan E vinceva chi?
GP. Chi faceva più punti.
08:26 
Pavan Non c'era un limite? Non c'era – mettiamo – chi arrivava prima a venti...
GP. No, no, no ... giocavamo, una sfida veniva fuori ... si restava sempre in meno perché il cerchio si restringeva. Si andava avanti «'ndandoghe fora» - dicevamo così - si giocavano anche dieci palle ciascuno. Uno a me, uno a lui, una a me, una a lui. Se io battevo, lui batteva... ecco. Chi dopo faceva el ganbarèl vinceva. O chi magari buttava via la palla ... Ma a spiegare una roba così, ci vorrebbe un po' di tempo, e anche tirar fuori dei nomi che io ne ho tanti per la testa. Non l’ho mica persa, ancora, la testa!
Pavan Quanto alto era, c'era una dimensione standard di questo – come si chiama – cavalletto (cavaéto)?
GP. Lei poteva averlo alto 40 centimetri...  [...]
Pavan Il cavalletto, quanto lungo era, aveva una misura standard?
GP. Era lungo circa… da questo a questo c'era circa un metro e venti un metro e trenta..
Pavan Tra ogni són...
GP. Sì... allora tra questo, a questo, a questo ... erano circa tre metri, due metri e ottanta ... tre metri, a seconda... Ma da Coppi c'è ancora la borella.
Pavan E legno che legno erano, i sóni? Era un legno che doveva resistere.
GP. Adesso io non mi ricordo di cosa era ... non so se sia faggio... so che era un legno che doveva resistere, perché erano sempre pestati ... erano battuti.
Sotto qua [gli sto mostrando le fotografie scattate a Conscio di Casale nel 1988] aveva una ghiera, una rotella... che era sotto, dove andava poggiata ... e sotto c'erano tre buchetti ...
MV. Vedi, il discorso è che, essendo questo cavalletto lungo tre metri, la boccia ... non è come con il gioco delle bocce che puoi tirala dritta... perché arrivava qua su per il cavalletto.
11:35 La boccia doveva essere tirata in modo da cascare davanti al cavalletto, in modo che cascando saltava, rimbalzava, e se era tirata bene buttava giù [i soni]. Poi lui ti spiegherà. Bisognava tirarla “invirigo
ƚàa” [3] in modo che cascasse qua in parte, e poi che andasse di traverso, in modo che “da traverso", uno, l'altro o st'altro riusciva a beccarlo..
GP. Per fare una bella roba, per fare un bel libro si potrebbe trovarsi, magari una sera, una domenica mattina … ci vuole un po' di più tempo.
Pavan In due parole sintetiche, caratteristica principale di un buon giocatore di borella. Cosa doveva essere?
12:32 
GP. C'erano tanti giocatori di borella, perché era un gioco "un po' contadino, diciamo così, grezzo". E allora tanti che giocavano a borella bevevano anche tanto vino, qualche volta. E allora quelli che bevevano vino non saranno mai stati campioni, perché il vino è quello che dopo ti rovina la testa, ti rovina tutto. Il difetto era quello, che bevevano molto una volta sulla borella, alla domenica, vedevi tanti ubriachi. Avevano solo quello, una volta!
MV. Anche perché era l'abitudine: ogni gioco veniva fuori un litro. Sei giocatori ...
GP. Però era un gioco che ci voleva sempre intelligenza nel gioco, eh! Sempre. Quella ci vuole prima di tutto. Qualsiasi gioco vuole la testa, qualsiasi gioco. Perché guarda, i campioni della bicicletta, i campioni del calcio hanno anche testa, se li osserva bene. Non sono così alla vanvera, là. Non si buttano così; sanno cosa hanno da fare. Diventano campioni proprio... Questo [la borella] era uno sport ridicolo, nostro qua, nostrano ... perché c'era anche a Padova... in provincia di Padova c'erano borelle. Anche là andavamo.
13:54 
GP. Ma però era un gioco che ci voleva la sua parte di testa; sempre la testa. E dopo anche la forza. Perché buttar via una boccia che pesa un chilo e otto, un chilo e ottocento... e la butta una volta... 
Pavan Ah! un chilo e otto ... non cinquecento. Avevo scritto cinquecento grammi, io! 
GP. Non cinquecento, no ... le nostre bocce peseranno nove etti... novecento grammi pesano quelle che giochiamo a bocce [...]
Pavan Un chilo e otto, pesava questa boccia..
GP. Circa. Ce n'erano da uno e sei e uno e nove, per esempio, che avevano un diametro di quindici. Adesso le nostre hanno un diametro di dieci.
Un avventore del bar ... ma anche più grosse, anche venti cm.
GP. Beh, venti era tanto... ma insomma 18 – 20 ... diciotto...
Pavan Mentre le bocce sono dieci centimetri...
GP. Dieci: hanno un diametro di dieci e mezzo, dieci e otto, dieci e nove. Invece quelle della borella erano diciotto cm. Perciò ci voleva una buona mano, io ce l'ho abbastanza grande.
Pavan. Quanto distanti erano [i sóni]?
15:14 
GP. Una volta erano trenta metri, circa; adesso invece hanno ridotto un pochettino, da dove si lancia la boccia ... che c'è a pèca ...
Pavan C'era un segno per terra?
GP. No, non c'era un segno. Alle volte lo si metteva quando si faceva qualche gara, ma generalmente non c'era mai il segno, per terra. Perché uno poteva fare un passo in più o un passo in meno.
Pavan Affari suoi...
GP. Affari suoi...
Pavan Però non poteva neanche farne tre in più...
GP. No, perché sennò andava vicino ai sóni... però un passo era sempre accettato ... non c'erano quelli che scombinavano tutto ...
Pavan Mostro le foto di Conscio, 1988...
GP. Conscio è Dosson, dopo Dosson, eh giocavano tanto anche là, sì: eh, ho giocato io, anche là. Anche a Dosson si giocava forte. [...]
16:13 
GP. Da Toccane [S. Giuseppe TV] si giocava forte. Da Toccane c'era quello che adesso è ... appena giù di San Giuseppe a sinistra, che adesso hanno cambiato, la non c'era una borella una volta? Là abbiamo giocato tante di quelle sfide! Casse di birra, io e Toni Busatto! Anche [Antonio] Busatto è stato un forte giocatore.
Pavan Come, casse di birre?
GP. Da sedici birre da tre quarti. E tutti bevevano. C'erano magari venti persone che guardavano. E chi perdeva pagava. Lui [Busatto] ha fatto portare qua tre da Mestre, quella volta, lavorava a Mestre e hanno voluto sfidarlo e lui ha chiamato me, per telefono. «Vieni a fare una sfida, Giancarlo?» «Neanche parlare, che io non giochi con te!» E abbiamo giocato io e lui. Hanno perso, di seguito, sei casse di birra e dopo hanno detto «Andiamo a casa», e ci saranno state venti trenta persone e tutti hanno bevuto.
Io non ho mai bevuto, però; anche sulle bocce, mai.
Pavan Lei, quando gioca, non beve.
GP. No, mai: bevo acqua e latte.
Pavan Bravo… e allora se c'erano onbre in palio chi le beveva?
GP. Ah, ma io non ho mai bevuto... mai, mai. La questione è che io volevo stare a posto con la testa. Anche adesso sai. [Rivolto a MV.] mi vedi bere vino qualche volta?
Pavan Ma i suoi compagni cosa dicevano “eh tu non bevi” lo prendevano in giro, un poco.
GP. No, no … ma io non bevo, non bevo mica.
Pavan Quindi ci voleva lucidità.
18.00 
GP. Sempre, sempre … era un gioco che portava a onbre, però. Tanto.
Pavan. Perché si sudava.
GP. Eh ben, senz'altro, era fatica.
Pavan Non c'era un tempo previsto [di durata della partita]
GP. No, no... lei poteva giocare quanto voleva, insomma.
Pavan Vi mettevate d'accordo prima? 
GP. Beh, se era una sfida ... due contro due, potevi dire «guarda che giochiamo tre ore a borella» - allora giocavamo tre ore. Ma se non era una sfida giocavamo «ai tre-do». I tre-do voleva dire "giochetti" da tre bocce alla volta. Tre bocce io, tre volte l'avversario e dopo ... tre volte io e tre volte l'avversario. Quello si chiamava il «tre-do».
Pavan Oppure un altro modo cos'era?
GP. Niente «i tre(i) – do» voleva dire due volte tre bocce. Questo è in dialetto, perché io la conosco come dialetto, la borella. Perché il birillo io lo chiamo són, lei deve scrivere són; el ganbarèl ...
Pavan. El ganbarèl.
GP. È quando se ne prendono due: bisogna prenderli con la boccia e anche con un son che va addosso a quell'altro, basta che vadano in terra due, in qualche modo.
19:18 E dopo c'era el bureín[4] quello che buttava le bocce indietro. E quello lo si pagava; ogni partita o due gli si dava magari cinque centesimi, dieci, secondo l'epoca. Perché io mi ricordo di tanti anni fa.
[Ripete] ... però per fare una roba [una ricerca] così ci vorrebbe un po' di tempo.
Pavan Ma vengo con calma, io ...
GP. – rivolto a MV.  parla di una partita a bocce giocata con Fiorentini e "vinta con la testa"...  
20:23 
Pavan Mi diceva prima che oltre a Coppi ci sono giochi di borella verso Padova, Scorzè...
GP. Ma io mi interesso, telefono a qualcuno, io. Mi conoscono tutti quanti...
Pavan. Fotografie d'epoca, ne ha, di quando giocava?
GP. Ho tante fotografie delle bocce, ma non della borella. Da Coppi ne hanno tante, basterebbe andare là... il bar Coppi, è a Catena, proprio là sulla strada. E lei dica al padrone “mi ha mandato qua Giancarlo Cervi, Pontel”.
Pavan Lei la classe me l'ha detta, ma il paese dove è nato?
GP. Sono nato qua a San Pelagio di Treviso.
Pavan Ha sempre fatto l'oste?
21:19 
GP. No, el casoín; ho iniziato a fare, l'alimentarista. Dal '41 ho iniziato, avevo dodici anni. Sono andato avanti fino al '49 e dopo sono andato via. Sono stato via sei anni,
Pavan Dove?
GP. Sono stato in Svizzera prima e dopo mi sono fermato a Milano. Sono venuto a casa, mi sono messo per conto mio e ho cominciato a fare l'alimentarista. E adesso sono 53 anni che lavoro per conto mio, da quando sono venuto a casa nel '55. Prima avevamo alimentari, bombole di gas, ecc., e dopo sono vent'anni che abbiamo il bar e tabacchi.
Pavan E all'estero cosa faceva?
GP. Ho lavorato come meccanico. Ho sempre lavorato. Non ho perso mai un giorno di lavoro.
Pavan Là a Milano no che non c'era la borella o roba del genere.
GP. No. C'erano giochi delle bocce, che giocavano con la montagnetta [?] loro, là. Un altro stile.
Io non ho mai perso un giorno di lavoro.
Pavan. Influenza, qualche volta l'avrà presa anche lei.
GP. L'ho presa ma ero qua. Ora ho un po' di “serramento” (tosse, mal di gola): è un mese e mezzo che me lo porto dietro. Non ho perso un'ora di lavoro.
Pavan Il lavoro è la sua vita, come si dice.
GP. Senz'altro. Quello che ho fatto, non posso lamentarmi. Perché lavorando, stiamo anche bene. Ma abbiamo sempre lavorato –
Pavan [Scatto una foto] e rivolto a GP.: mal che vada, [l'intervista] resta in archivio di stato. 
22:57 - FINE  

Note

[1] Esibizione di abilità messa in atto nella variante con gioco da fermo (a Santa Cristina di Quinto TV chiamata boreon ).
[2] Cfr. anche Renzo Bassi, questo errore a San Floriano di Callalta era chiamato “cagnar” "a baƚa ga cagnà". File 20122401, 38:30.
[3] Baƚa che durante il lancio viene fatta ruotare su se stessa. Più specifico, per la borella, è il termine remenàr (o menar) la baƚa.
[4] Più diffuso boreín .

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PAGINA INIZIALE

Conscio di Casale sul Sile (TV), 1988, durante una gara dell'antico gioco della borella, praticato in Veneto nelle province di Treviso, ...