05 gennaio 2021

Mario Vezzà, Casier 1951


Mario Vezzà voga alla veneta sul Sile nei pressi
della chiesa di Sant'Angelo. (Foto di Camillo Pavan, 27.6.2009)
Nastro 2008/2 - lato A – Mercoledì 26 marzo 2008
[in auto, di ritorno dall’intervista a Giancarlo Cervi “Pontel”]

Testimonianza di Mario Vezzà, 1951, nato a Casier e residente a San Giuseppe di Treviso, insegnante di lettere all’Istituto Tecnico Riccati, giocatore di bocce. 

Lingua parlata: dialetto veneto di Treviso. Trascrizione in italiano.

- Dimmi di questi Battistella che avevano la trebbia, di Casier, fratelli. Come si chiamavano?
Tilio e Bepi
- Allora, circa cinquant'anni fa, l'episodio...
Circa cinquant'anni fa erano andati, non so per quale mestiere, a nord di Treviso e, tornando indietro, si erano fermati dietro la caserma Salsa, Santa Maria del Rovere, via Cal di Breda da quelle parti là, che c'è ancora quell'osteria, che una volta aveva anche la borella [Osteria al Norge]. Insomma, fatalità, si erano fermati là, hanno fatto una partita di borella e avevano trovato due signori che li avevano sfidati … ma - da quello che dicevano – erano gente da schei. Mi hanno detto che sono andati avanti, che hanno giocato dal pomeriggio, dalle tre, fino alla sera e questi signori non hanno vinto una partita. E il rammarico dei Battistella era quello di non aver avuto cinquemila lire in tasca perché altrimenti avrebbero potuto giocare a soldi e i gavarìa ciapà un franco [avrebbero vinto una bella somma], li avrebbero pelati. Ma loro non avevano neanche cinquemila lire da scommettere .
- E a cosa hanno giocato?
Hanno giocato da bere, come ti diceva Cervi.
01:40 - Dimmi invece quello che sentivi dire degli operai di Appiani che si fermavano da Toccane, a San Giuseppe.
Per sentito dire, “testimonianza di seconda mano”… questi operai, che prendevano la paga una volta al sabato, prima di andare a casa si fermavano appunto all'osteria Da Toccane a bere un'onbra, a fare una partita di borella. Una partita tira l'altra ... qualche scommessa ... e dopo succedeva che qualcuno alla domenica mattina, dopo aver passato la notte a giocare a borella, magari andava a casa senza stipendio.
Questo l'ho sentito raccontare.
- Ma non te lo sei inventato, perché tanti mi raccontano di queste storie, e siccome per me è una cosa assolutamente nuova, la voglio sentire da più voci.
03:08 Penso che, parlando con diverse persone, ne sentirai innumerevoli storie legate appunto a questa borella, a queste sfide.
- Il gioco della borella era più grezzo (anche Pontel ha adoperato il termine grezzo) rispetto al gioco delle bocce.
Semplice: era praticato da gente di livello culturale molto basso, in genere.
- Proletario...
... e anche sottoproletario. Praticamente, in quegli anni là, l'unico divertimento che avevano era quello di praticare, dopo il duro lavoro, qualche volta [il gioco della borella]
- Questa boccia, hai sentito, diciotto cm di diametro!
Sì, io me le ricordo anche maggiori.
- E cosa ha detto Pontel, che pesavano un chilo e mezzo?
Un chilo e mezzo, e anche qui mi ricordo di un peso maggiore. Però … sì, va bene, attorno a un chilo e mezzo, perché erano bocce di legno che pur essendo grosse non erano estremamente pesanti. Però sul chilo e mezzo, certamente.
- Niente acero campestre?
Questo non lo so... ma è probabile.
05:10 - FINE

Nessun commento:

Posta un commento

PAGINA INIZIALE

Conscio di Casale sul Sile (TV), 1988, durante una gara dell'antico gioco della borella, praticato in Veneto nelle province di Treviso, ...