10 gennaio 2021

Gian Paolo Martin, pensionato, Santa Maria del Rovere, TV


Gian Paolo Martin, "Club Coppi" di Borella,
Catena di Villorba (2 aprile 2008)
Nastro 2008/02 - parte finale del lato A - Mercoledì 2 aprile 2008


Intervista a Gian Paolo Martin, pensionato dell’ospedale neuropsichiatrico di Sant’Artemio, TV, abitante a Santa Maria del Rovere, registrata presso l'Osteria da Coppi a Catena di Villorba, TV.  Martin è stato per anni presidente di un club di borella, dapprima del Club Norge, presso l'omonima osteria in via Cal di Breda, poi del Club Coppi di Catena fino al suo scioglimento alla fine degli anni '90. È stato anche dirigente del campionato interprovinciale di borella (Treviso, Padova, Venezia) che si è svolto nell'ultimo quarto del secolo scorso.

All'inizio della conversazione chiedo a Martin se per caso ha conservato delle vecchie fotografie.

(Martin) Come gare ... abbiamo fatto gare … e fotografie devo guardare anche di quelle. Dopo, ci sarà qualche socio del club che ha fotografie. Se lei ha pazienza.
(Pavan) - Siccome è un gioco che sta sparendo, a quanto ho capito, ... queste foto le ho scattate vent'anni fa a Conscio... 
Questa è quella [è "la borella", il campo di gioco] di Conscio, proprio. Eravamo 15 società e abbiamo fatto un torneo, un campionato. Parliamo del '75 – '76. Un campionato, andata e ritorno.
01:38 Il club, io non l'avevo qua. Sono sempre stato presidente del Club Norge, l'osteria vicino all'ospedale psichiatrico, in via Cal di Breda. Siamo partiti da là, la nostra fondazione. Dopo, là hanno chiuso, hanno cambiato oste, non gli andava più – forse – il discorso borella e sono venuto qua da Coppi, perché siamo amici da anni. E gli ho detto: «Coppi, mi accetti in questo club?» - «Sì, domani mattina vieni qua...».
Infatti qua, lei l'ha vista [la struttura per il gioco della borella] ... coperta e riscaldata. 
- È una rarità, coperta e riscaldata.
Sì, poche. C'erano questa, Santa Cristina ... devono essere state quattro o cinque, coperte e riscaldate ... Cavasagra. A Cavasagra ce n'erano due, quando facevamo il campionato. Altrimenti tutte le altre erano allo scoperto.
Però qua tu garantisci, piova o non piova, freddo o non freddo ... il campionato andava avanti. Quando c'era il rischio che venisse interrotto per cattivo tempo allora ci chiedevano di poter venire a giocare sul campo nostro. Noi abbiamo sempre detto di sì.
03:33 Il nostro club che prima si chiamava Club borella Norge, da quando siamo venuti qua è stato trasformato in Club borella Coppi. E da allora abbiamo fatto questi campionati che erano veramente belli. C'era un affiatamento, c'era una partecipazione che era enorme. Andavamo a giocare fino a Padova.
- Mi ha detto che eravate in quindici squadre...
Come soci, noi eravamo tanti, veramente. Però si giocava in sette per società, con due riserve. Purtroppo al campionato partecipavano solo i migliori.
- Perché sette giocatori 
anziché – mettiamo – sei o otto?
È stato stabilito dal Comitato organizzatore.
05:31 È stata una scelta di sette (e due riserve = 9) anche perché sennò il tempo era lungo. Perché giochi quattro-quattro
-quattro e dopo c'è il ritorno. E se spareggi ... da Padova mi è capitato di venire a casa alle quattro della mattina, alle tre della mattina.
- Spieghi il quattro – quattro – quattro.
Quattro bocce per giocatore. 
- Per sette, quindi sono ventotto tiri.
Ventotto. Però c'è il tempo... aspettare la palla che arrivi; il tempo di concentrarti e partire ... non è un minuto. E dopo, se spareggi, deve venire fuori il vincitore.
- Cioè, può capitare che a un certo punto si arrivi al pari, e si gioca come all'ultimo rigore, per dire.
Nei primi anni se avevamo fatto pari, facevamo un tiro ciascuno. Dopo invece si faceva lo spareggio, "se ghe dava fora par ciapar i tre punti"... la squadra che meritava.
- La squadra che vinceva aveva tre punti ... ultimamente, diciamo. 
Sì... dopo abbiamo detto "torniamo a dargli un punto" ... ma non diceva niente e allora siamo andati avanti con i tre punti. 
- Avete giocato il campionato a partire dal 1975 – 76.
E siamo andati avanti fino ... non ricordo bene... ma i club hanno cessato. Avevamo iniziato con 15 squadre, poi 14, 13 ... e noi ci siamo levati quando eravamo rimasti sugli otto- nove club. Abbiamo detto basta, perché non ha senso. Se i club sono tanti e se c'è un risultato vale la pena. Sennò perdere tempo, non vale la pena. 
- In che anno è successo questo, che avete chiuso l'attività?
Beh... noi abbiamo chiuso circa nel 2000 ... 1998, 1997. 
- Ah, proprio di recente; siete andati avanti parecchio. Quindi, del campionato, mettevate anche i risultati sul giornale.
Io ho i giornali. Ho il Gazzettino, la Tribuna.
- C'era anche qualche vostra foto sul giornale?
Sì, c'erano anche le foto. Noi, il nostro club Norge poi Coppi. 
Abbiamo lavorato tanto con i disabili. L'incasso ai disabili, due anni. Visto che non eravamo gratificati tanto, che basterebbe alle volte comportarsi bene: hai una società che lavora, in quegli anni là abbiamo portato due milioni alla "Nostra Famiglia", su una gara: non è poco. 
Così siamo andati, con il Centro Tumori, che ancora mi scrivono adesso: gli davamo tutto. Facevamo gare pro beneficenza. 
- Il centro tumori come si chiamava, l'ADVAR?
No. Quello dell'ospedale, che c'è il primario Alessandro Gava [LILT – Lega italiana lotta contro i tumori sezione di Treviso].
09:35 - Come mai prendevate così tanti soldi, in una gara?
Perché, quando facevamo queste gare erano aperte a tutti, non era il campionato, erano aperte anche ai non iscritti. Siccome la nostra società, sinceramente, era una delle più serie. Abbiamo avuto dei grossi giocatori, non so se lei sappia: i fratelli Cervi. 
- Ho parlato ieri l'altro con Pontel, con Giancarlo Cervi.
Sì, quello adesso gioca a bocce. Era un bravo giocatore, anche quello, dopo è venuto fuori “Ciriano” [Ciliano Cervi].
11:23 Quello era un Merckx [il campione ciclista Eddy Merckx]
veramente, della borella. Forte, fortissimo, il fratello di Giancarlo.
Poi c'è Toni, quello che ha ricambi d'auto a fianco dell'Arlecchino [pizzeria, strada per Ponzano]. Meno di Ciliano, comunque bravo anche quello. Avevamo grossi giocatori.
- Quindi come squadra avete vinto, qualche volta, il campionato, in questi quasi venticinque anni che è andato avanti.
Sì. Dopo, io ho organizzato anche gare. Siccome ho lavorato 35 anni in ospedale di Treviso, all’ospedale psichiatrico, ho organizzato delle gare contro l'ospedale civile, di là. Abbiamo fatto tantissime gare fra ospedalieri, solo ospedalieri. Là mi son fatto un primo e un secondo; ho fatto bei piazzamenti.
- Quanti potevano esserci, del personale ospedaliero, che giocavano alla borella? 
Noi dello psichiatrico eravamo proprio contati, giocavamo in dieci. Allora abbiamo ampliato il discorso. Invece per l'ospedale civile, con tremila e passa dipendenti è facile trovarne dieci, e c'erano giocatori che giocavano anche nei club. Però noi abbiamo fatto sempre bei piazzamenti nelle gare fra ospedalieri: Ospedale Civile e Neuropsichiatrico.
- I piazzamenti erano per forza di cose o primo o secondo. 
13:21 Eh no! si giocava individuale. E quando si gioca individuale bisogna che butti fuori i tuoi e anche i suoi, per arrivare primo; non è facile.
- Mi scusi l'assoluta ignoranza, ma vengo perché mi piace sapere di questo gioco che sta scomparendo.
Sì, infatti adesso hanno in mente questo bowling, che non lo capisco. «Adesso i ga in mente sto buli che no o capisso. Tosati de vent'ani che joga a buli!». Mentre qua, a parte tutto, le dirò che è un gioco che ti distende, secondo me è un gioco che fa bene anche alla salute.
- Ne ha allora delle robe da raccontarmi, se ha giocato tutti questi anni. Lei ha iniziato fin da piccolo?
Io ho iniziato presto, sì... [14:22 fine del lato A ]

2008/02 – lato B , digitalizzato di seguito, inizia/prosegue da 14:23

I giornali dovrei averli, ma devo guardare dove li ho imbucati. Perché ... finita la borella, io ho solo le bocce, a casa. Una cassetta di bocce. Anzi, ho detto a mio figlio «se vuoi bruciarle, non tutte ...» [ ghe gavea dito anca a me fiol: se te vol brusarle, no tute ... votu che e tegna là a far cossa.]
- No, orca miseria. Non bruciarle!
Cosa vuoi che le tenga là a far cosa. Una la regalo a lei!
14:52 Ecco [magari!]. Mi dica di nuovo i nomi dei grossi, dei Merx della borella. Uno era Ciliano Cervi.  [...] E quell'episodio che mi ha raccontato ... a Varago.
Una sfida, al bar Australia, a Varago.
- ‘Staltra persona era uno da Treviso, da dov'era?
Era da Varago, da Breda, da quelle parti là.
- Come mai gli era saltato in mente di sfidarlo, che sapeva che era un campione.
Eh, ma... il discorso è questo, che pensi di essere sempre meglio dell'altro. Sono sfide che vengono fuori così. «Ti te xoghi ben, ma mi no go paura de ti» e vengono fuori queste sfide.
- Anche qua a Catena, diceva...
15:27 Durante la sagra si giocava, gli si dava dentro a tutto spiano, insomma. 
[Sagra di Catena: vedi anche le testimonianze del 2013 di Lino Rossi e Angelo Rossetto. “La maratona della borella”]
Ventiquattro su ventiquattro. Erano tre giorni ... giorno e notte; non c'era sospensione di orario.
- Ma qua si giocava a soldi, giravano bene... comunque c'era qualcuno che viveva, professionista proprio, diciamo.
Sì, sì...
- Ma si contavano sulle dita delle mani.
15:55 Sì, pochi, pochi erano. Noi qua, conosciuti, era uno solo... poi in qualche altra parte c'erano bravi giocatori ancora, però lavoravano, avevano la loro attività. Questo qua ... questo qua conosceva il Veneto, perché la borella è Treviso, Padova e Venezia.
- Mi dica — lasciamo perdere questo discorso dei soldi ... l'ho capito perché un po' già lo sapevo — i luoghi in cui si giocava. Delimitiamo le località della borella. Arrivava, mettiamo: qua siamo a Villorba, Catena; più avanti, fino a dove arrivavamo? Verso Conegliano, mettiamo. 
No, verso Conegliano no, ci fermavamo, verso Conegliano. Il più era qua, poi c'era Santa Cristina [...] e dopo c'era Sant'Alberto, Cavasagra, Casacorba...
- Drio el Sil, dove nasce il Sile. Piombino Dese.
Piombino Dese, Loreggia, Camposampiero. Loreggia era uno dei club, uno dei forti club... (Verso Padova) quello era il punto più distante. Dopo torniamo di qua e allora andavamo fino a Noale... Scorzè no, dopo c'era Peseggia. Zero Branco no. Veniamo giù: Casale-Conscio, Nerbon, (ma a Nerbon — come a Scorzè , ndr  non c’era il club, c'era la borella: borelle ce n’era quasi dappertutto, ma stiamo parlando di club...).
18:23 - Però i club venivano fuori se c'era una diffusione. Per dire, verso Conegliano c'era la diffusione della borella, o no?
Non c'era. Per di qua [verso est] c'era Stabiuzzo, ma su di qua no, io non ho mai giocato.
- San Donà di Piave, per dire ... Musile.
Aspetti, sì, c'era ... i fratelli ... quello delle corriere, come si chiama?
- Ferrari.
[La società autocorriere dei fratelli Ferrari FAP era nata nel 128 a Fossalta di Piave] Neanche Caposile. 
- Ah, non arrivavano a Caposile?
No. 
- A Portegrandi sì, perché ho parlato con i barcari e con un certo Dante Marchetto.
A Portegrandi sì, a Marteggia c'è ancora, adesso hanno fatto un club là … non un club, hanno fatto una borella e sono ridotti in pochi, comunque giocano.
- La fascia era quella, chiamiamola, del Veneto centrale.
20:24 Veneto centrale, più che sia.
- Lei l'ha vista la lapide [iscrizione affrescata] che c'è in via Manzoni, vicino da Arman [osteria] poco più avanti. Via Manzoni sotto l'arco. Sa via Manzoni a Treviso? Sotto l'arco che dopo vai a San Francesco [...] .
21:31 Abbiamo fatto i “Giochi in piazza", a Treviso.
- È stata una riproposizione.
Sì. Fare una borella in mezzo all'asfalto mi è toccato, quella volta là. Avevamo la gente così, il pubblico che veniva a vedere. Dagli altri giochi non c'era nessuno. 'Sto Comune, non dico magari, qualcosa di riconoscenza ... niente. Ha fatto un quadretto, di partecipazione, e basta.
- In che piazza eravate?
Alle scuole Stefanini, all'interno ... no, verso Santi Quaranta, che scuole ci sono?
- Ci sono le scuole De Amicis, può essere? Pio X, le Magistrali Duca degli Abruzzi.
Si entrava lungo le mura, prima della curva di Santi Quaranta, che scuole sono là? Un gran piazzale immenso.
- È il Pio X .
Bravo, Pio Decimo. Là c'erano quattro cinque giochi. C'erano le bocce, mi pare che hanno fatto, i birilli. Sì, ma non c'era partecipazione. 
Da noi c'era una mura, ci è toccato mettere delle transenne, della roba, perché venivano a invaderci il gioco.
- In che anni erano che hanno fatto 'sti giochi?
Deve essere stato nell'80.
- Quante volte li hanno fatti?
Una volta solo. E dopo, il secondo anno ci hanno domandato di partecipare ancora. E io gli ho detto no.
- Era lei che aveva organizzato.
Non io, il Comune. Ma io ho detto no, non c'è stata riconoscenza, ho detto no, non vale, basta.
24:10 - Quante società avevate portato, quante squadre?
Solo noialtri. Cioè il Club Borella Coppi ha organizzato, però partecipavano tutti, anche uno che non c'entrava.
- Quindi era anche un gioco dimostrativo, un'azione dimostrativa.
Dimostrativo. Perché ci è toccato ... perché se ci sono i giocatori che sanno giocare la recinzione va bassa, invece qua, non si sa mai. Uno che non è capace giocare, con una palla in mano va ad ammazzare qualcuno. Il secondo giorno abbiamo dovuto tirare una rete parte per parte, per evitare incidenti [giocato al sabato e domenica].
25:01 - Restando alle palle, che mi diceva, di tutte quelle misure — che poi un giorno verrò a vedere a casa sua — una da 18 o 20 centimetri di diametro, quanto pesava?
1,8 – 1,9 – 2 chili.
- Però! Quindi ci voleva un braccio da scherzo a tirarla.
Tirarla? E controllarla!
25:35 - Chi era l'artigiano che le faceva?
Erano in diversi che facevano queste palle. Uno era a Biban di Carbonera. Un certo Mulinella, Molinella: un falegname, aveva il tornio; dopo ce n'era un altro verso Casacorba, da quelle parti là. [Forse il Benozzi da Sant’Ambrogio cui accenna Lino Rossi].
Io andavo qua da Mulinella, a Biban, [Forse falegnameria Venzo Giuseppe, via Gino De Biasi 21] e qualche volta me ne facevo portare una anche da quell'altro.
26:24
E in che legno?... 
Di òpio.
- Erano di òpio, acero campestre. 
Sì. Qualcuno aveva l'ulivo, però era troppo pesante. A seconda del numero, diventava tanto pesante. [...] Invece l'òpio aveva un peso normale, era garantito.
- Era anche duro a sufficienza? Bisognava che fosse un legno duro.
Eh, altro che duro! Però bisognava metterlo, finito di giocare, andava messo nel nailon, sennò si crepa.
- E quando non c'era il nailon, quando lei era piccolo non c'era il nailon. 
Eh, ma allora giocavano come che giocavano. Dopo siamo entrati più nel professionismo, e allora... 
- Quando c'erano i tornei veri e propri.
Anche prima. Da quando è venuto fuori il nailon, la si proteggeva col nailon. Perché la boccia non deve prendere aria, mantiene lo stesso peso e non si crepa.
- E prima? La mettevano magari sulla sabbia, non so, per dire...
Non lo so, perché prima c'erano quelli che giocavano una volta alla settimana. Parliamo di altri tempi, oltre settant'anni fa, giocavano una volta alla settimana. Non erano giocatori competitivi come quelli di oggi. Cioè, dopo siamo entrati nel professionismo, veramente. [...]
28:54  E i sóni, avevano tutti una dimensione standard?
Sì.
- Quanto alti erano?
1,10 – 1,20
- Sotto cosa avevano?
Una ghiera di ferro che si incastrava sul legno, avvitata con tre viti.
- I sóni in che legno erano?
Sempre preferibile il legno òpio. Sempre l'òpio. Òpio o olmo.
- Ma la maggior parte òpio.
Òpio. [...]
29:54 Era ricercato l'òpio, e pagavi; in quel tempo là pagavi – parliamo del '77-78 – pagavi 15000 lire una palla. Io tante volte gli ho portato il legno e tante volte magari le faceva lui. Però, per essere una cosa più garantita gli portavi anche il legno e lui la faceva col tuo legno.
- Il legno andava a prenderlo da chi? Si ricorda di essere andato da qualche contadino particolare? 
Dove che sapevo. 
- Il legno lo lasciava stagionare? 
Sì, bisogna che sia stagionato.
- Dove lo metteva a stagionare? 
Sempre all'ombra, coperto e all'ombra, sotto una tettoia, all'aperto. Un anno, un anno e mezzo, anche due anni e dopo gli portavi i tronchi e lui col tornio mi faceva la boccia.
- E lo stesso procedimento di essiccazione andava fatto anche per i soni. Per quanto riguarda la differenza delle bocce... ognuno aveva la sua boccia personale.
Personale. Tutti avevano la loro boccia personale.
- Un set di bocce.
Sì... eh ben.
- Con cosa le portavate, quando andavate a giocare?
In macchina, avevamo la borsa. Una borsa con tre quattro bocce, cinque, dipende...
[...]
- Ricapitoliamo sul campionato, che poi verrò a vedere un giorno a casa, senza fretta, quando lei mi avrà trovato il materiale di archivio. Avevate qualche premio, quando facevate il torneo vero e proprio?
C'erano le medaglie d'oro. All'iscrizione dovevi versare una quota alla società, quota che comprendeva le premiazioni: 1°, 2°, 3°. Agli partecipanti gli davi magari una medaglietta d'argento di partecipazione.
- C'era un salame, una forma di formaggio?
32:54 Quello lo si faceva prima della sagra [di Catena, fine luglio inizio agosto]. Si faceva una gara organizzata dal club Coppi: "Gara gastronomica". Cominciavamo con soppressa, soppressa, salame, salame... si premiavano una ventina di persone su sessanta partecipanti, 50 – 60 partecipanti. Erano bei premi. Qua l'abbiamo sempre fatta gastronomica, perché coppe e trofei io li ho regalati i primi anni, quarant'anni fa: prendevi la coppa e... Invece dopo, gastronomica: porti a casa. Io ho preso un lampadario, ho preso diverse cose in queste gare extra campionato. Gare organizzate dalle società, dai vari club.
- Queste gare c'erano anche prima del '75, quando avete cominciato il campionato?
Anche prima,  e anche hanno continuato dopo.
34:15 A Conscio facevano la gara dei vovi de Pasqua. La settimana di Pasqua loro facevano la gara con in palio tutte uova di cioccolata.
- Adesso non giocano più, a Conscio, che lei sappia? So che giocavano anche il giorno della Sagra dei Peri... 
Ma non c'è più. A Conscio non c'è più la borella. 
- Ah... non c'è più! 
È rimasta la struttura, là e basta. Si sono spostati verso Casale, quelli che giocavano a Conscio.
- C'è ancora qualche gioco, a Casale, allora.
Sì, adesso quelli di Conscio, in tre quattro, si sono spostati a Casale, hanno fatto la borella verso Casale ... hanno detto. Mi hanno invitato ad andarci due tre volte, ma non ho più tanto tempo.
- Mi sembra che mi abbia detto tanto.
Dopo le dirò ancora, se trovo qualche materiale.
- Mi chiami un giorno, perché mi piacerebbe vederle, queste bocce, questa differenza, così mi spiega. Anche se le viene in mente il nome, oltre che il cognome di Molinella; può darsi che sia un soprannome.
35:29 Lo chiamavano tutti Moinèa.
- Perché è un personaggio importante anche quello: era lui che forniva la materia prima, gira e rigira.
Facciamo un riassunto delle squadre che partecipavano al campionato.
Eravamo noi Coppi, Villanova d'Istrana, Cavasagra, Casacorba, Castelminio... 
[L’intervista viene interrotta da una telefonata a Martin, finita la telefonata passiamo a visitare il campo di gioco].

Visita alla "borella" del Club Coppi 

36:28  - C'era una distanza fissa da rispettare?
Diciannove: non meno di diciannove metri. Di più sì, ma non di meno. Questo campo di gara è diciannove metri.
- Questa era la trave dove finiva la rincorsa.
Ci si ferma là. E se uno vuol partire più indietro e fermarsi più indietro può farlo, purché non superi il trave.
- Come si chiama questo [tratto]?
Pedana.
- Questi sarebbero i sóni. Li mettiamo su... lei stia in piedi che scatto una foto. 
39:18 Questi teli qua, crede che costino poco? Sono teli speciali, bisogna che [la boccia] rimbalzi bene. Sono teli di gomma e tela, che non si ghiaccia d'inverno e che d'estate non diventa troppo tenera.
- Dove li ha recuperati?
Comprati, da una ditta qua di Catena: otosentomìe franchi, in vecchie lire. [800 mila lire] Solo quello. 
- Uno solo, questo pezzo qua; quindi in proporzione, tutto il resto...
Questi [teli che mi mostra] prima erano là e dopo, mano a mano che si esauriscono, li abbiamo portati indietro [da] dove batte la palla,perché la boccia di solito batte qua...
- La boccia batte sempre un due metri prima del cavalletto. Perché, questo?
Batte qua perché dopo gli dà questa mezza palottina [ruota su sé stessa un mezzo giro ... movimento tipico della boccia nel gioco della b.], gli diciamo, ed è su per el són. 
- Bisogna saperla fare ruotare, mentre vola. 
Ma non troppo...
- Deve avere una rotazione su sé stessa...
Esatto. [...]
Quello è il posto del bureín.
- Protetto.
Per legge bisogna che sia dentro [protetto]; è capitato ancora, pompieri, roba... che osservano le pericolosità che possono esserci. Guai. Bisogna che sia protetto, perché a uno può scivolare, la boccia. 
- Eh sì, è come il lancio del martello, per dire...
Può trattenerla in mano, che scivoli ... e se non è protetto...
41:29 - È mai successo qualche incidente?
Sì, successo, successo. Non qua, ma è successo. Ciò, te o copi, uno... con la velocità che ha una palla così, lo ammazzi.
- Non morti, però, mai successo morti.
No, morti no, ma infortuni pericolosi.
- Chi lo paga el burein ?
Chi gioca. Dipende: chi organizza, e chi gioca.
Saranno 35 metri [la pedana, compresa la rincorsa]. La palla di uno che sa giocare va via a quest'altezza...
- Tesa.
Non più alta...
- Come una cannonata, parte.
Eh sì. Invece quelli che battono sopra, in alto (diversi battono sopra, là) è gente che non sa giocare. Trattengono la palla, “la appendono alla mano”.
- Hanno detto che al mercoledì e al venerdì c'è ancora qualche gruppo di giovani che viene qua, da Coppi.
Sì, ma è tutta gente che non sa giocare.
- Ma vengono, però.
Vengono, giocano ma così, per ridere. Li ho visti giocare ancora, qua. Hanno spaccato anche il lampadario, hanno fatto più danni che altro.
- La passione l'avrebbero. Non è che dopo continuino a giocare e mettano su una squadra...
No, no, no! 
- Sono qua del paese? Non sa chi siano?
Sono amici del figlio di Coppi.
Col titolare siamo come fratelli. Quando chiudevano per ferie, un mese, ci lasciavano la cantina aperta, per noi del club di borella.
- Fiducia assoluta.

44:17 Arriva il titolare, Giovanni Schiavon, e Martin saluta il vecchio amico... 

Gian Paolo Martin (Santa Maria del Rovere TV) al ''Club Coppi''
di borella, Catena di Villorba. Fine di una storia. (2 aprile 2008)

Schiavon (Coppi) - Non vieni più a trovarmi!

Cosa vuoi che venga! Quando io vengo qua, se trovo qualcuno da parlare una parola,
buona. Sennò cosa vengo a fare... 
Schiavon - Trovi me... io e te.
Quando sono passato, qualche volta, non ti ho visto. Non ci sono più gli amici di una volta, cosa faccio? Io non sto qua. Mi tocca andar via, e vado via. Cosa vuoi che faccia. Sai che per le osterie non è che abbia fatto le radici. Solo qua venivo! 
Schiavon - Dai che andiamo a bere quest'onbra...
[...]
45:45 - Quanti soci era, la società da Coppi. 
[Stiamo avviandoci verso l'interno dell'osteria e la registrazione diventa sempre più disturbata…]
Una trentina. Quando l'abbiamo fondata eravamo più di trenta, e dopo, un poco alla volta, si sgretolava. Uno è morto... uno... non c'è più un ricambio. 
 
[46:04 FINE, troppo rumore .]

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PAGINA INIZIALE

Conscio di Casale sul Sile (TV), 1988, durante una gara dell'antico gioco della borella, praticato in Veneto nelle province di Treviso, ...